LO STEMMA DELLA CITTA' DI RAVENNA
Della forma dello stemma della città di Ravenna precedente l'attuale e raffigurante Port'Aurea (la porta costruita in Ravenna nel 43 d.C. sotto l'imperatore Claudio, definitivamente demolita nel 1582) si hanno notizie sicure grazie a prove documentarie:
l'impronta a secco rinvenuta nel 1900 da Silvio Bernìcoli in calce ad un atto pubblico dell'11 ottobre 1472 (Archivio Notarile Prot. 46 c.210-211 settimo dei rogiti del notaio ravennate Martino Astoci contenente il capitolato per l'affitto del passo del fiume Raffanara (Lamone) deliberato dinanzi al Podestà ed al Magistrato dei Savi della Comunità di Ravenna; il ritrovamento ad opera di Corrado Ricci del sigillo in bronzo del XV secolo della Comunità di Ravenna, sigillo poi consegnato nel 1906 al Museo Nazionale di Ravenna e del quale si è persa ogni traccia a seguito del trafugamento avvenuto nel 1924.
Gli elementi che maggiormente caratterizzano lo stemma attuale (due campi oro e rosso, contenenti due leoni dell' un colore nell’altro controrampanti e affrontati ad un pino verde fruttato d'oro, sradicato e posto nella partizione), così come recepiti ufficialmente dalla Giunta Permanente Araldica nel 1937, sembra possano farsi risalire nella loro combinazione ed uso, ad alcuni anni prima del passaggio dell'effettivo governo della città dalla Repubblica Veneta alla Santa Sede avvenuto nel 1509.
Sicuramente essi (colori compresi) appaiono in un documento del 25 agosto 1509 in principio dei capitoli per il governo della città di Ravenna da approvarsi da Papa Giulio Il . (Arch.vecch.Com.Cancelleria 22 N° 29).
ll colore e lo smalto dello stemma vigente (rosso e oro) già erano nello stemma dei Da Polenta, signori della città dalla metà del 1200 fino al 1441 quando essi furono sostituiti dai veneziani il cui stendardo recava gli stessi colori. E' verosimile che da queste due denominazioniconsecutive derivino non solo i due colori, ma anche il loro reciproco scambio: figura rossa in campo oro (come era l'aquila dei Da Polenta) e figura oro in campo rosso (come il Leone di S.Marco). Quanto al pino che sale a dividere lo scudo, l'allusione alla pineta appare evidente.
Il leone che per primo entrò nello stemma di Ravenna è certamente quello di S.Marco, al quale l'altro si unì anche in conseguenza della suddetta separazione dei colori che portò con sè il raddoppiamento delle figure, più per una obbligata corrispondenza simmetrica che per un autonomo significato araldico che non sia quello comunemente unito al leone come generico simbolo di forza e di magnanimità.
Col tempo, a questi elementi essenziali, si aggiunsero: lo scudo come contenitore (di varia foggia), il contorno di rami di quercia, alloro, il nastro, la corona (anche regale, infine turrita rappresentante Port'Aurea), la dicitura (nell'anno 1937) "Felix Ravenna", motto questo già impresso sulle monete dei Re goti.
Gli elementi aggiuntivi specifici del periodo fascista, alla caduta di questo furono eliminati e nel 1951, la Croce di guerra appesa con nastro sul decusse dei rami di quercia e di alloro fu sostituita con la riproduzione della Medaglia d'Oro al Valor Militare concessa alla città di Ravenna per il suo operato nella Liberazione.
Oltre a Marc'Antonio Ginanni ("L'arte del blasone ..." Venezia 1756), a Silvio Busmanti (Cronistoria de " Diario Ravennate", 1900) Corrado Ricci, Silvio Bernícoli e Giuseppe Gerola ("Qualche osservazione sullo stemma di Ravenna" Ravenna, 1912) ed altri ancora, dello stemma della città si interessò particolarmente Santi Muratori, con tre articoli specifici:
"Lo stemma ed il gonfalone di Ravenna, su "Il Corriere Padano 3.9.1926";
"Il gonfalone del Comune" su "Il Corriere Padano, 21.10.1926";
Lo stemma", di Ravenna" su "Il Comune di Ravenna, fasc.II ottobre 1928"
(Le opere citate sono reperibili alla Biblioteca Classense)
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